Il fascino delle piramidi da sempre strega l'umanità. Nel 1999 mi sono avvicinato ad esse, e il loro contatto è stato per me sconvolgente. Ho ancora i brividi sulla pelle, e dire che c'erano 45 gradi all'ombra! Ed è per questo che per lasciare anche in te una traccia, ho deciso di condividere il diario del mio viaggio in

 

 

 

EGITTO AGOSTO 1999

21-8-99 Aereo per il Cairo.

Un viaggio si conclude e subito se ne apre un altro. Mai mete tanto diverse. Le fresche e umide erbe d'Irlanda, le calde e assolate sabbie dell'Egitto. Due estremi, il giorno e la notte. Ma in entrambi si incrociano reminiscenze rituali di grande suggestione, i cori dei druidi nei loro cerchi di pietra, e i sacrifici dei faraoni all'ombra delle piramidi. Due culture lontane nel tempo e nello spazio, ma entrambe salde nelle loro convinzioni spirituali. Ebbene tra un'ora circa atterrerò nella terra dei faraoni! Quanta emozione a queste sole parole. Quasi come se in una regione della mente stessero concretizzandosi oggetti reali da sempre creduti fantasie. Come se tutto l'immaginario costruito in una vita sul mondo egiziano stesse componendosi per formare le immagini del mio viaggio. Forze ancestrali stanno muovendo pietre e sabbia per costruire i mondi da me tanto sognati. Templi, piramidi, obelischi, già li vedo scorrere sulla mia retina, lasciandovi traccia del loro antico potere. Potessi fermare queste immagini future per adagiarmi sulle onde dell'eternità! È come se tutte queste forme, le luci e i colori, siano già in me, nel mio spirito. Ed essi aspettino solo il pretesto di manifestarsi. Attendimi Egitto, fra poco sarò tutt'uno con le tue sabbie.

22-8-99 Windsor Hotel.

AAAHHH!

Un urlo si leva alla sola idea di dover descrivere tutte le sfumature di una giornata così ricca. Una città come il Cairo, con la sua immensità, ti lascia dentro delle sensazioni talmente piene e forti, da restare quasi paralizzati. Soprattutto per la sinestesia delle sue manifestazioni. La luce cade con violenza durante il giorno da togliere il respiro. Sulla pelle brucia come lingue di fuoco, e il morso del calore sembra infernale. I colori giacciono persi nella calura, coperti dai toni della sabbia. E così i palazzi, le strade, le persone. Tutto sembra vivere in questa tinta di terra, fino a sembrare una materia omogenea. I suoni feriscono l'aria con un frastuono incredibile. L'urlare continuo dei clacson si mescola col vociare delle persone che hanno sempre qualcosa da dire, chiedere, domandarti. Dal semplice e cordiale saluto, al "bakseesh", la mancia, dall'offerta continua di un passaggio in taxi o una passeggiata in cammello, ad esclamazioni di sorpresa alla vista di volti occidentali. E anche il tatto si amplifica camminando a piedi nudi nelle moschee, sui tappeti polverosi, sulle pietre roventi dei cortili sacri. E la polvere, la senti che ti si deposita sulla pelle, ti entra nei pori, e inizia a far parte di te…

Il nostro viaggio è iniziato all'insegna dell'assurdo. Incontrarsi al Cairo come se fosse una cosa normale già ci caricava di energia. In più la magia del posto e tutte le fantastiche aspettative hanno formato un cocktail formidabile. La nostra strada ci porta dall’aeroporto dritti in albergo, attraversando la città di notte. Le sue prime manifestazioni, comunicano un senso di inconoscibile. Come se i misteri di questa città si annidassero nei vicoli bui e affollati di persone, e agli occhi e alle orecchie di un occidentale rimanessero sempre sconosciuti, impenetrabili. Senza dubbio la follia automobilistica è una delle caratteristiche più evidenti. Lo sfrecciare confuso e ingovernabile delle macchine, senza alcuna legge, in balia del solo istinto, arreca più emozione di qualunque attrazione da luna park, poiché non esistono binari a guidare la tua corsa, né la fiducia nelle protezioni di gomma o nei sostegni di sicurezza. Lo stomaco vibra ad ogni scontro evitato, il fiato si spezza per ogni frenata brusca. E questo, lo avremmo appreso solo nei giorni seguenti, è una costante di questa terra. Incolumi, alla fine arriviamo in albergo, dove ad attenderci c'è un incredibile personaggio col quale scambiamo una serie di risate forsennate, cariche dell'eccitazione per tutto ciò che si parava di fronte ai nostri occhi, assetati di nuove visioni. Il tizio ci tiene occupati per un bel po', cercando di illustrare le sue offerte di tour alle piramidi o crociere sul Nilo, lottando con l’impazienza di trasferirci nella nostra "suite". È una grande stanza arredata con mobili "old style" e drappeggi rossi alle finestre. Probabilmente ai loro occhi è un lusso ma per noi rimane una vecchia stanza d'albergo,. La prima notte si perde fra chiacchiere concitate e un sonno un po' disturbato a causa della frenesia di conoscere cosa si estende tutt'intorno a quella camera. Come se fossi intrappolato in una scatola con la consapevolezza che al mio risveglio avessi trovato intorno tutto ciò che ho sempre immaginato e mai pensato di poter vedere con i miei occhi. Come un ardore che mi agita l'anima cospargendola di immagini note ma ancora non disposte dentro l'album dei ricordi. E il mattino alla fine giunge, rumoroso, ma con le idee chiare su cosa vedere. La prima meta è il tanto agognato Egyptian Museum, le cui tante meraviglie sono difficili da enumerare ed assimilare. Nonostante il caldo tremendo, dei brividi mi scivolano addosso alla vista di tanto splendore e alla materializzazione di immagini che da sempre hanno popolato il mio immaginario. All'interno la vastità delle sale e la loro ricchezza lascia all'inizio paralizzati, per l'incapacità di trovare un percorso che ti guidi attraverso la bellezza delle sculture e la sacralità degli oggetti di culto. Ad ogni passo si rinnovava la sorpresa di trovare oggetti così famosi e preziosi, non solo nei materiali ma anche nella grandiosità che sanno comunicare di un'epoca, e lo stupore ci lasciava increduli. Gli ori di Tutankamon hanno risvegliato in noi fantasie di ricchezze perdute, e lo scintillio della maschera funeraria ha suggellato indelebile il suo segno nelle nostre memorie. Da qui si percepisce l'estrema modernità della loro antica concezione di bellezza. Le linee dolci e nobili del suo viso hanno varcato i secoli per comunicarci quanto i principi fondamentali dell'estetica siano costanti e universali nell'uomo. Fissare lo sguardo di questo giovane faraone è un privilegio che è toccato a pochi, considerando i millenni in cui tale splendore è rimasto celato sotto le sabbie della valle dei re. E per questo possiamo ritenerci molto fortunati.

Dopo l'estenuante visita ci siamo scontrati con la difficoltà di parlare due idiomi diversi, cercando di prendere il taxi. La comunicazione è impossibile, nessun suono può aiutarti a sviscerare il significato delle loro parole. In più siamo stati sommersi dal traffico che è veramente allucinante. Solo oggi abbiamo assistito ad un incidente, ad un investimento sfiorato e al crollo di un asino in mezzo alla strada. I clacson sembrano suonare ad un ritmo continuo, come un'estesa sinfonia automobilistica. Dopo un giro lunghissimo attraverso i quartieri di squallida modernità di questa megalopoli, finalmente siamo giunti alla nostra meta: la Cittadella. Ci ha accolto la prima moschea, di Mohamed Ali, forse la più grandiosa, da cui si gode un impressionante panorama sulla città, e il primo suggestivo approccio con le piramidi all'orizzonte. Si presenta come una distesa indistinta di palazzi uniformi, con alti grattacieli in lontananza, e giù, confusi dalla foschia, due piccoli triangolini. Il nostro tour delle moschee è continuato a lungo, portandoci lungo le strade polverose, fra la gente che ci osservava come fossimo di un altro pianeta e l'odore forte della sporcizia fra cui si aggiravano delle galline. Camminare a piedi nudi in questi luoghi di culto ha un che di rilassante, ti mette a contatto con la loro cultura, ma a lungo andare la polvere e il caldo diventano insopportabili. Siamo arrivati fino alla città dei morti, dopo la moschea di Hassan e di Ibn Tulun. Abbiamo visitato il mausoleo di ash-Shafi'i proprio nell'ora della preghiera, ma non abbiamo potuto godere del panorama del minareto. La città tutt'intorno è miseria, e stupisce che questo antico cimitero sia tuttora abitato da vivi e morti. In questo luogo perduto nel tempo, abbiamo rimediato un taxi al limite della sua esistenza, che ci ha portati fino a Giza, per visitare le piramidi. Purtroppo l'ora tarda ci ha precluso la visita, sebbene fossimo increduli di tale verità propinataci dai molti conduttori di cammelli che ci offrivano passeggiate nel deserto. In compenso la loro vista già ci riempiva di emozione, sebbene ci siamo trovati a percorrere strade impressionanti, attorniati da sguardi perplessi, bambini appiccicosi e continue offerte di cammelli. L'odore di questi luoghi è qualcosa di sfuggente, le fragranze si alternano pesantemente fra cibo ed escrementi, passando attraverso tutta una serie di sfumature variegate, di spezie e incenso. Alla fine siamo tornati stremati in albergo, per rilassarci e prepararci ad una serata molto emozionante. Dopo un pasto a base di kushari, in un grazioso ristorante egiziano, con grandi pareti di specchi, cordiali camerieri e un piatto di questa piccante pasta con lenticchie, ceci e altri indistinti ingredienti, un grassoccio e distinto signore egiziano ci offre la sua compagnia coinvolgendoci in una serata tipica del luogo. Preferisce però farci allontanare dalla confusione caotica del centro, per portarci in un luogo più tranquillo. Ci fa salire su un taxi, e noi, sprovveduti, ci imbarchiamo in un'avventura ricca di suspense. Mentre la macchina si muove fra il caos frenetico del traffico, ci scambiamo occhiate furtive per il destino oscuro che ci attende. L'ansia cresce all'aumentare dei chilometri che ci separano dal nostro albergo, ma ormai siamo nel gioco, e l'incertezza sui propositi del nostro amico fa aumentare l'eccitazione. La nostra destinazione ci riempie di tranquillità, è solo un pacifico coffeshop sull'isola di Zamalek, il quartiere bene del Cairo. L'atmosfera del locale è rilassata, e subito ci viene servita la shisha, il tipico narghilè, e un fortissimo e speziato caffè arabo. Il fumo dolciastro del tabacco alla mela ci riempie i polmoni, e i nostri occhi si velano del bianco fumo denso. Sono molte le risate che ci scambiamo allegramente, il tizio è veramente simpatico e socievole, e i nostri dubbi si sono dileguati come il fumo della pipa nella calda aria della sera. Data la stanchezza, cerchiamo di avviarci presto verso l'hotel, ma non prima di una passeggiata lungo il Nilo. Per strada il nostro accompagnatore ci abbandona per un attimo, tornando con una sorta di caramella e un "regalo" per me, del profumatissimo tabacco. Dico "regalo" perché dopo poco tutta la gentilezza della serata si conclude con la presentazione del conto. Con un po' di amarezza, ma tutto sommato soddisfatti della serata, rientriamo in albergo, ricchi di una nuova consapevolezza, spesso gli egiziani non sorridono gratis.

23-8-99 El Fishawi, bar.

Eccoci immersi totalmente nella cultura egiziana. Oggi, dopo un'altra notte agitata, in cui le immagini vissute in un'intensa giornata si mescolavano con visioni del futuro, il nostro mattino si è aperto con la colorata confusione del bazar. Appena scesi a Khan al-Khalili, subito un simpatico egiziano ci ha preso sotto la sua tutela. Scottati dalla serata precedente, i nostri passi si sono mossi cauti fra i vicoli desolati della parte a sud del bazar. Ma la meraviglie di questi posti non battuti dai turisti dove artigiani lavorano le madreperle e gli oggetti intarsiati, ci ha saputo conquistare più dell'ansia di trovarci in luoghi sconosciuti e misteriosi. I nostri occhi, avidi di così esotiche atmosfere, volavano velocemente attraverso i passaggi oscuri, le stradine polverose, lo sguardo degli artigiani rapiti nel loro paziente lavoro, e donne con i loro carichi sul capo. Abbandonata la nostra guida, che ci ha salutato senza chiedere nulla se non un sorriso, attraversato il passaggio pedonale sospeso, ci siamo trovati nella parte più concitata e convulsa del mercato. Subito un altro tizio ci ha accostato per indicarci la via delle spezie e guidarci attraverso i suoi stordenti odori. Confusi dai profumi e i colori, ci siamo riposati nel suo negozio di essenze. Ogni sorta di estratto di fiori giaceva allineato negli scaffali, e l'uomo in questione pareva ansioso di farceli provare tutti, ma già saturi di tali effluvi, abbiamo preferito trasferirci nella simpatica atmosfera di questo bar dove ora sto scrivendo. L'odore della shisha si diffonde nell'aria, e numerosi turisti sembrano goderne insieme a noi.

Più tardi. Piramidi di Giza.

Come poter descrivere con parole tratte da un vocabolario umano la magnificenza di questo spettacolo? Possono esistere parole tali per questa immensità? Da millenni gli esseri umani hanno cercato aggettivi, termini e metafore per questo splendore, ma nessun tentativo può riuscire a tanto, nemmeno il più loquace dei poeti riesce in una simile impresa. L'unica voce che può tanto è il coro di tutte le voci dell'umanità che secolo dopo secolo hanno goduto di ciò. E questa voce parla d'eternità, d'infinito e di grandezza.

Il nostro percorso ci ha spinto intorno a queste montagne di pietra, la sfinge ci ha dato il benvenuto col suo sfuggente sorriso, e il nostro spirito è volato alto nel cielo terso, insieme alle anime di tutti coloro che hanno goduto per la loro immensità. La fatica sotto il sole è indicibile, ma è come se i nostri corpi fossero sospinti dalla millenaria energia del luogo. Non ho mai provato nulla di simile, saranno stati 45°C, e la mia pelle era vestita di brividi e scossa da ondate di stupore. Dopo tre ore che sono qui ancora ne risento del potere del luogo, e non mi capacito dell'enormità delle emozioni provate. Fino alle lacrime.

Albergo.

Un'estenuante giornata, al termine della quale tutto ciò che ci è stato offerto sembra aver cambiato per sempre la nostra consistenza. Se prima eravamo persone normali, adesso siamo entrati a far parte di coloro che sono stati stregati dalle piramidi e dalla magia del Cairo. Generazioni e generazioni si sono succedute, e nomi nobili sono passati sotto lo sguardo della sfinge prima di noi. E tutto questo resterà ancora lì per i secoli futuri, fino forse al disgregarsi del pianeta stesso. Solo allora tutta l'umanità che vi è passata davanti sarà di nuovo unita.

Lo spettacolo Suoni e Luci è stato formidabile. Vedere tale panorama sotto le stelle già è sufficiente, se poi aggiungiamo luci misteriose, laser saettante, voci suggestive e musica trionfale, che altro dire?

24-8-99 Bar Windsor.

Un'altra immensa giornata si è spalancata ai nostri occhi. Questa mattina il nostro autista, un tipo dal carattere ombroso ma pacifico, ci ha condotto a Saqqara, nell'antica necropoli di Menfi. Il tragitto durato circa un'ora e mezza, ci ha portato attraverso la periferia del Cairo, costeggiando gli edifici surreali che si accumulano ai margini della metropoli. E' una schiera di palazzi indistinti, costruiti grossolanamente in mattoni rossi lasciati a vista, la cui struttura in cemento armato svetta verso il cielo, rivelando i ferri scoperti. Come se il cantiere fosse stato abbandonato all'improvviso, ma incuranti, gli inquilini dei piani inferiori, avessero comunque preso posto nei loro appartamenti. In realtà è la prassi quella di lasciare gli edifici incompiuti, perché così all'occorrenza si può aggiungere un piano dove serve. Non c'è certo pericolo di piogge! E la cosa divertente è che benché l'esterno sia tutto omogeneo e anonimo, in questa distesa uniforme, spiccano i colori brillanti degli infissi. Probabilmente gli interni sono molto più curati dell'esterno, ma questo è un mistero che mi è impossibile svelare. La strada, liberatasi dalla miseria urbana, ha iniziato a scorrere lungo zone più rurali, costeggiando canali verdissimi e costruzioni polverose. Varia era l'umanità che scorreva là fuori, persone racchiuse in un mondo ai margini della civiltà, ma forse, non per questo, meno felici. Certo vedere bambini giocare a piedi nudi nell'immondizia lungo le rive dei canali, fa pensare a quanto i nostri bambini siano fortunati, eppure si avverte come un senso di libertà estrema nei loro movimenti. Libertà da tutti i legacci da cui siamo impastoiati nelle nostre città. Mentre queste immagini mi sfilavano innanzi unendosi a pensieri assorti, sentivo crescere in me la sensazione di appartenere in qualche modo a questa terra. Forse perché la sua forza è talmente evidente che sembra risalire all'inconscio primitivo il suo richiamo. Tutte le generazioni succedutesi a coltivare quei campi erano in qualche modo grate alla verde abbondanza del Nilo, e questo loro sentimento credo che appartenga a tutte le civiltà contadine che hanno popolato il pianeta. Per questo sentivo che da qualche parte dentro di me, per quanto minimo sia il mio lato agreste, fioriva riconoscenza per i doni di questa terra rigogliosa. Nel mentre di queste riflessioni, eccoci giungere nel sito della più antica piramide egizia. Lasciato il nostro autista nel parcheggio gremito di automezzi, ci addentriamo nel recinto sacro, non prima di aver ammirato l'eleganza della porta d'ingresso. La sua semplicità racchiude una modernità incredibile. All'interno le colonne fascicolari si succedono nel lungo corridoio, in cui alcuni egiziani fingono di lavorare la pietra per la sola gioia dei turisti. Ma appena usciti nel vasto cortile inondato di luce, la potenza di 5000 anni di storia si è abbattuta su di noi. Pensare che quell'enorme montagna di mattoni sia una della prime costruzioni monumentali di cui siamo a conoscenza, fa un certo effetto. Per di più conosciamo anche il nome del suo ingegnoso architetto, Imothep. Lui, il primo uomo che ha osato sfidare il cielo, e le leggi della statica, innalzando una montagna di pietra. E l'eco del suo gesto dura ancora, e durerà per millenni a venire, sotto questo sole accecante. Tutt'intorno giacciono sparsi i resti di tombe, piramidi, mastabe. La maggior parte di questi monumenti è solo un mucchio di pietre, e in confronto alla grandezza delle altre perdono ancora di più fascino. La tomba di Mereruka però è molto ben conservata, o almeno finora è quella migliore che abbiamo visto. Un intricato complesso di piccole stanze, interamente incise di geroglifici dai significati immaginabili. Doni agli dei, richieste di vita futura, preghiere. Il tutto eternamente appartenente alla pietra.

Treno per Assuan.

Il nostro viaggio prosegue verso sud, lungo le sponde del Nilo che di notte giace misterioso fuori dal finestrino. Le sistemazioni sono state migliori del previsto, e fra una risata e l'altra le tredici ore del viaggio passeranno presto.

Dopo la visita di Saqqara i nostri passi gommati si sono diretti verso Memphis, accompagnati dal nostro rude autista. C'è solo un piccolo museo ad attenderci, che contiene però due grandi sorprese, una splendida sfinge di alabastro di pregiata fattura e ottima conservazione, e la statua colossale di Ramses II. Le vestigia del faraone giacciono immense coricate sulla schiena, e il suo sguardo si rivolge fisso al soffitto dello spazio che lo raccoglie. Non credo che sarebbe contento di sapere che i suoi occhi non avrebbero più guardato le rive del Nilo, ma di certo sapere di restare così grandiosamente scolpito nella memoria di chi lo osserva da millenni, non può che procurargli grande gioia. In tutti i suoi trenta metri di altezza, la pietra sembra essere stata allisciata da mani perfette. Il suo volto ci insegna l'amore del suo popolo per un uomo di tale bellezza. Il suo sorriso affiora intatto sulla dura pietra, muovendosi con linee armoniche e dolci.

Tornando verso il Cairo i miei pensieri tornavano ai bambini lungo i canali, donne che portano sulla testa borse cariche di cibi indecifrabili, animali che ciondolano sul bordo di strade polverose. Mi chiedo se abbia un senso tutto questo, se la visione di noi occidentali è così alterata da non comprendere che anche in questo si può trovare la pienezza di un'esistenza. Eppure l'idea mi atterrisce. Giunti al Cairo abbiamo deciso di visitare la parte copta della città, e per farlo abbiamo avuto la meravigliosa idea di prendere la metropolitana, esperienza estenuante per il gran caldo, eppure molto divertente per l'atmosfera che ci permeava. Centinaia di sguardi ci osservavano indagatori, colmi di curiosità, e quasi timore. Una donna che vendeva dei fazzoletti è quasi rimasta sconvolta, ci ammirava stupita come se vedesse dei marziani, e rideva per l'incredibile spettacolo davanti ai suoi occhi. E' fortissima la gente qui. Tutti per strada ci salutano, ci sorridono, tentano di aiutarci appena possono, mostrandosi simpatici e amichevoli. Il che il più delle volte ci lascia un po' in imbarazzo, per via del loro ambiguo interessamento. Ma il più delle volte ci va bene. Sono veramente simpatici. Oggi prendendo la metro abbiamo anche incontrato il tizio che l'altra sera ci ha "offerto" la gradevole serata. Su 20 milioni di persone mi sembra più che incredibile. Insomma, alla fine per qualcosa come 250 lire, siamo sbucati da tutt'altra parte della città, in una zona completamente diversa. La parte antica è tutta racchiusa da mura, e all'interno si snodano dei vicoletti lastricati, sui quali affacciano chiese copte e case di persone che ci osservano inverosimilmente. Che atmosfera! Ci siamo seduti un attimo nella chiesa, e le numerose ragazzine erano in preda ad un entusiasmo irrefrenabile per la nostra presenza. Con mille sguardi fugaci cercavano di cogliere i nostri occhi imbarazzatissimi. Alla fine, stanchi morti, siamo ritornati in albergo, dove ci hanno concesso di fare una doccia in un piccolo bagno bianco, pagando per gli asciugamani ovviamente. Dopo uno spuntino nel bar dell'albergo, e uno spostamento caotico alla stazione, dopo attimi di smarrimento fra i binari arabi, eccoci sul treno. Dopo qualche disquisizione sui posti, siamo pronti a goderci la magnifica televisione locale, congelando per l'aria condizionata fuori controllo, e dividendoci la misera cena che servono a bordo.

25-8-99 Memnon Hotel, Assuan.

Il viaggio è stato lungo come tutto il Nilo, ma alla fine, oltre le nostre speranze, siamo arrivati anche in anticipo. La notte è stata agitata, spezzata da continui risvegli alla ricerca di nuove posizioni, un tormento interminabile. Ad accoglierci oltre alla nostra guida (per fortuna c'era qualcuno ad attenderci, contrariamente alle nostre peggiori previsioni, data l'organizzazione improvvisata del viaggio), è stato il micidiale caldo di Assuan. E' qualcosa di paralizzante. E meno male che dicono che oggi è più ventilato, ieri era peggio. Credo che mai ho provato una tale arsura, come un gigantesco asciugacapelli vivente. E' la voce del deserto. Abbiamo riposato un po' in albergo, una piccola camera con vista sul Nilo, quindi siamo andati al tempio di Filae, con la nostra guida personale e un altro compagno di viaggio, un ragazzo californiano di nome Chris. Che risate durante il tragitto! La guida ci raccontava le meraviglie dell'High Dam, la diga alta, in una lingua mista anglo-araba, con tutte le distorsioni del microfono che andava e veniva. Giunti sulla diga abbiamo giusto scattato due foto al panorama, peraltro meno affascinante di ciò che pensavo, e poi siamo andati ad imbarcarci per il tempio di Filae. Saliti su una delle molte navi sul molo, solchiamo le acque del Nilo, verso l'incantevole bellezza del tempio dedicato a Iside, sposa di Osiride, sua sorella e dea dell'amore. L'isola è come una gemma, e il Nilo il suo gioiello. Il tempio ha una grazia e un'eleganza rara, con le sue asimmetrie equilibrate. Tutto risplende di amore e venerazione per la dea. E ciò che colpisce è sapere che le meraviglie che osserviamo, il colonnato, la facciata, le sale, il chiosco di Traiano, è stato tutto smontato, catalogato pezzo per pezzo, spostato e ricostruito in un altro luogo. La meravigliosa distribuzione degli spazi, l'armonia dei suoi volumi, la precisione dei suoi bassorilievi, tutto questo adesso potrebbe essere sepolto sotto migliaia di metri cubi d'acqua sul fondo del lago Nasser se le capacità dell'uomo non si fossero coordinate per la sua preservazione. Dopo la visita al tempio siamo tornati verso la città. Qui abbiamo salutato la nostra simpatica guida che, poverina, camminando aveva inciampato in un faro per terra, facendosi male molto più di quello che voleva farci intendere. Abbiamo lasciato anche il nostro amico americano, con l'intenzione di incontrarci per la cena. Il destino ha voluto però che di lui non abbiamo avuto più notizie, quindi abbiamo cercato un posto dove mangiare qualcosa. Era un ristorante, se così si può chiamarlo, di dubbia igiene, ma la fame può più della cautela. Abbiamo mangiato un kebab con verdure, il sapore non era male, un sapore vero, con tracce di beduini nel deserto. In serata non abbiamo potuto trattenerci dal tornare a Filae per goderci lo spettacolo Sound & Light. Questa volta lo spettacolo era più interattivo, ci si poteva muovere all'interno del tempio, e rievocare antichi riti notturni, guidati dalle musiche trionfali. Alla fine dello spettacolo, sulle nere acque del fiume, accompagnati dalla luna, siamo scivolati verso il sonno.

26-8-99 Aereo per Abu Simbel

Un sogno sta per concretizzarsi.

Abu Simbel

Meraviglia, stupore, incanto.

Oltre alla imponente e splendida facciata, il tempio di Ramses II nasconde al suo interno sale di rara bellezza. Sculture giganti sembrano sorreggere il tetto e la montagna artificiale sovrastante. Che meraviglia le stanze dei sacerdoti, coperte di geroglifici e rappresentazioni di dei, e la narrazione della battaglia di Kadesh. E che dire dell'opera d'ingegneria che ancora ci permette di godere del maestoso tempio? E' grandiosa quanto il tempio stesso.

Che giornata. Il pensiero di essermi alzato alle 3.30 di notte mi sembra assurdo. Eppure non sento la fatica del viaggio. Alle 4.00 il taxi ci ha portato all’aeroporto. Alle 5.00 eravamo sull'aereo. Alle 6.00 sorvolavamo l'entroterra africano. A soli 50 km dal Sudan. Nel luogo prescelto dal grande faraone per erigere il suo più imponente tempio. Siamo arrivati sul sito con trepidante agitazione, accolti da un'alba maestosa sul lago Nasser. E finalmente, girando intorno alla grande collina, gradualmente ci si svela il tempio. E' uno di quei momenti in cui ci rendiamo conto di stare vivendo un attimo importante della nostra esistenza. E la coscienza di questo ci giunge con stupore, increduli di essere riusciti a tanto. Non sono tanti i luoghi sulla Terra che vengono avvolti da così grande fascino da suscitare una tale enorme attrazione. E il momento in cui si conquista uno di questi luoghi, indelebilmente rimane impresso.

Dopo aver goduto appieno del luogo, prima che facesse troppo caldo, eccoci in un attimo tornati ad Assuan.

Sinohue I.

Eccoci a bordo!

Chi l'avrebbe detto che il nostro viaggio ci avrebbe portato su una nave da crociera cinque stelle? L'atmosfera a bordo è rilassatissima, volta tutta a godersi lo spettacolo del Nilo che scorre lento. Papiri e palme sfilano sotto i nostri occhi, uno spettacolo che si verifica da migliaia di anni per tutte le imbarcazioni che lo hanno percorso. Il vento caldo sembra avvolgerti come una galabea, il sole si tinge di rosso all'orizzonte. Tutto ciò è sempre esistito, e prenderne parte solo adesso è come entrare in un cinema a film iniziato, un vero peccato. C'è una tale pace, un'immobilità millenaria.

La nostra prima tappa è stata al tempio di Kom Ombo. La paura è che a furia di vedere templi, la magnitudine di questi sacri luoghi inizi a contaminarsi di ripetizione, ma è un giudizio mendace. Ogni volta si hanno nuove sorprese. Si inizia a pensare che non ci si possa più stupire, e invece ogni nuovo monumento è un'avventura unica. Forse il problema principale è iniziare a confondere questi nomi e questi siti, smarrendone le identità per ricordare solo un'idea unica di questa terra, fondendo le immagini e le parole.

27-8-99 Crociera.

Devo dire che la vita di crociera sta proprio iniziando a piacermi. Si ha il tempo per rilassarsi e prendere il sole in piscina sul tetto, mentre il Nilo scorre quieto tutt'intorno e il vento caldo ti accarezza con dolcezza. Poi quando la nave si ferma si possono ammirare le bellezze dei luoghi raggiunti nel corso del suo maestoso movimento. Ci si trova proprio in un altro mondo, lontano dalle nostre leggi, dai nostri ritmi ossessivi. La gente ci osserva con molta più semplicità, schiettezza, priva di tutti gli schemi ai quali siamo soggetti. Forse per loro rappresentiamo un mondo assurdo, illogico, artificioso. La naturalità dell'esistere di questo fiume sembra trasferirsi anche ai suoi abitanti, persone che sembrano immutate nello spirito da migliaia di anni. Tranne forse per le antenne paraboliche.

Oggi siamo sbarcati ad Edfu, per visitare il maestoso tempio di Horus. Impressionante. Con la sua imponenza si ergeva di fronte a noi come il portale dell'eternità. Il suo cortile, bagnato dal sole accecante, contrastava enormemente col suo interno oscuro, appena umido di una luce misteriosa. Le possenti colonne si ergono perfette, giganti, solide come la forza che tiene unita la Terra. I suoi luoghi segreti, che parlano di parole perdute, le sue pareti che raccontano storie dimenticate, sono tutti interamente arricchiti di significato, per ogni centimetro della loro superficie. Sembra quasi di avere appena smesso di sentire il rumore degli scalpelli che hanno ornato ogni pietra. Toccando con mano questi arcani simboli ancora sento un'eco di quel suono metallico di martelli, e della speranza di poter essere un giorno accolti dal dio per i servizi a lui offerti. Nella nostra visita ci ha accompagnato una turista belga, con la quale mi sono lasciato trascinare da un tizio, in un cunicolo buio che si snodava su se stesso salendo ai piani superiori. Con la sua torcia ci mostrava i simboli che riconosceva, pronunciando nomi di divinità e mostrandomi con complicità geroglifici fallici dopo aver distratto l'altra ospite.

Il resto della giornata ci ha offerto il riposo di cui una vacanza necessita, e la giusta pausa per poter riflettere sull'immensità di tutto ciò, e sulla fortuna che abbiamo di goderne.

28-8-99 Luxor, Windsor hotel.

La nostra nave ci ha lasciato qui, in un posto così ricco di sorprese, ma non così spaventosamente sconvolgenti come gli scherzi che ci hanno fatto sulla nave. Una sera abbiamo trovato un macabro manichino steso sul letto, una sorta di rito voodoo, o qualcosa di similmente raccapricciante. Un'altra sera invece un pupazzo appeso dietro la porta della nostra confortevole stanza. Siamo stati veramente bene a bordo, per quanto poco, non sarà romantico come un viaggio in feluca, ma almeno non abbiamo lottato con zanzare e umidità.

Oggi invece abbiamo fatto due tour abbastanza impegnativi. In mattinata abbiamo visitato la valle dei Re con le tombe di: Ramses III, Ramses IV, e della regina Hawsert. Le pitture all'interno sono meravigliose, alcune molto ben conservate, ma il posto in se lo immaginavo più suggestivo. Sarà che la fama che lo precedeva era così grande da aspettarmi qualcosa di monumentale, invece tutto era molto modesto, d'altronde i re non ci tenevano molto a far sapere dove nascondevano i loro tesori per il viaggio nell'oltretomba. In ogni modo pare che tutta la loro ricerca di segretezza e inaccessibilità non sia valsa a molto. Del loro sfarzoso tesoro non è rimasta che la povera tomba di Tutankamon, un faraone minore, che nella sua breve vita non ha lasciato grandi tracce. Mi chiedo dove sia finita tutta quella ricchezza. Nei secoli, nei millenni, questi preziosi oggetti saranno passati di mano in mano, percorrendo storie diverse, attraversando i continenti e i mari, per giungere nel nascondiglio segreto di qualcun altro, oppure finire dispersi in chissà quali misteri. Ogni singolo pezzo, d'oro e pietre preziose, nel suo viaggio segreto avrà incontrato molti padroni, ognuno più avido dell'altro, ma tutti legati dallo stesso percorso. Ah poter rintracciare una di quelle storie, e seguirla nel corso dei suoi mutamenti! Chissà quante verità sulle vicende umane potremmo carpire. Ma qui si scivola nella fantasia, mentre la concretezza di questi luoghi mi riporta pesantemente alla realtà.

Una delle cose che più mi ha impressionato è stata una pittura nella tomba della regina Hawsert che raffigurava il cataclisma avvenuto sulla Terra secoli e secoli fa secondo cui l'asse della Terra si è spostato mostrando una diversa configurazione delle costellazioni. E l'acqua in quella occasione si è tinta di rosso, riflettendo forse le polveri lasciate da una probabile cometa. La cosa più incredibile è che, come ci diceva la guida, le tracce di questo avvenimento sono rimaste scolpite nelle leggende di altre popolazioni che abitavano la Terra nella stessa epoca, ognuna interpretando in maniera diversa questi segni.

Abbiamo visitato anche la valle delle Regine, e il tempio della regina Hat-shep-sut, a Deir al Bahari. Niente di così notevole, per fortuna. Invece ho trovato affascinanti i famosi colossi di Memnone, che si ergono gemelli a guardia di qualcosa che non c'è più, con le montagne alle spalle e lo sguardo dritto all'orizzonte.

Nel pomeriggio abbiamo aggiunto alla già lunga lista i templi di Karnak e Luxor. Che dire? Inizierei a ripetermi parlando di essi, insistendo sulla bellezza delle loro fattezze, la possanza delle loro colonne, la magia delle loro atmosfere, l'armonia dei loro spazi. Potrei invece parlare delle strane coincidenze della vita, come per esempio incontrare di nuovo Chris, il ragazzo californiano che dal fondo del pulmino ci saluta quando ci uniamo alla comitiva, oppure della conoscenza di tre simpatiche ragazze venezuelane, e dei discorsi emozionanti fatti con una di loro fra le colonne del tempio di Luxor, uniti dalla passione fotografica e dalla capacità di comprendere la potenza di questi luoghi. Ci siamo poi separati, con l'idea di ritrovarci per la cena, e prima di rilassarci in camera abbiamo approfittato della freschezza delle acque della piscina dell'albergo. A cena siamo stati disertati dalle ragazze, e l'unico a farci compagnia era alla fine il simpatico americano. Ogni tanto fra i vari discorsi mi estraniavo, riflettendo sulla profondità di certe relazioni fra le cose, e di quanto sia complesso far sì che due esseri umani possano incontrarsi nella loro esistenza, data l'infinita serie di variabili che possono separare i diversi percorsi. E se dietro a questi misteriosi incroci, si nasconda un qualche più ampio significato. Nel frattempo ci arrivavano piatti di kofta, carne macinata e speziata cotta alla brace, innaffiati dall'ottimo succo di mango.

29-8-99 Treno per il Cairo.

Un'altra allucinante notte si appresta a spalancarci le porte, dopo una lunghissima giornata a Luxor. La mattina fortunatamente è trascorsa tranquillamente nelle acque della piscina, ma nel pomeriggio siamo andati fino a Dendara, a vedere il tempio di Hathor. Per raggiungere questo sito, abbiamo dovuto accodarci al convoglio scortato dalla polizia che partiva da Luxor alle 14.00. Ecco perché ci facevano tanti problemi quelli dell'agenzia, vietandoci di partire all'ora che volevamo. In realtà il viaggio è stato tranquillissimo, a bordo del nostro veloce taxi. Dopo un'ora di attraversamento dei posti a cui ci si inizia ad abituare, siamo arrivati davanti al tempio. Lo stato di conservazione era ottimo, addirittura si poteva salire sul tetto e osservare il paesaggio circostante a 360 gradi. E' molto vasto il tempio, pieno di cappelle e corridoi, persino delle cripte sotterranee, in cui però ci siamo rifiutati di scendere. Lo so, è brutto dirlo, ma la prospettiva di infilarsi in quel cunicolo buio, e strisciare in mezzo alle ragnatele per trovarsi in un luogo che è identico a quelli visti sopra, beh, non era proprio il massimo. In più ci eravamo già allarmati per i numerosi pipistrelli che infestano le sale interne, che svolazzano impazziti emettendo quei loro suoni orribili. All'uscita i numerosi bambini vendevano dei ventagli di lana colorata, e nei loro occhi c'era una purezza e una sincerità disarmanti.

Il resto della giornata a Luxor è passato nell'attesa dello spettacolo al tempio di Karnak, passeggiando e consumando un pasto nel solito ristorante. Lo spettacolo è stato meno entusiasmante del previsto, noioso e statico. Forse perché ci stiamo abituando a questo tipo di cose.

30-8-99 Cairo. New Garden Palace.

Eccoci al termine di una faticosa quanto inutile giornata al Cairo. Dopo la nottata in treno che non si è rivelata così disastrosa, d'accordo, non così tanto per lo meno, abbiamo passato l'intera mattinata, o quel che ne rimaneva, cercando Chris, il nostro amico con cui ci eravamo dati un appuntamento vago, e abbiamo trascorso il resto della giornata con lui, e probabilmente le seguenti. Abbiamo solo girovagato per la città, camminando un sacco ma senza uno scopo, passando il tempo fra agenzie di viaggio, attese e momenti inconcludenti. Abbiamo perso tempo cercando di raggiungere la Cairo Tower, da cui avremmo potuto vedere un bel panorama della città, sennonché l'accesso a pagamento così caro ci ha fatto desistere dall'impresa, spingendoci a fuggire anche dal bar carissimo ai suoi piedi. Ci siamo rifugiati allora in un prato, dove stesi sull'erba abbiamo parlato a lungo delle nostre vite. Il nostro viaggio sta terminando in un modo improvviso. Alex ci abbandona domani. E questa sua rinuncia mi lascia un vuoto dentro. Credo che un viaggio sia bene iniziarlo insieme e finirlo insieme. E' come un tradimento, una fuga. Eppure non mi sento di oppormi alle sue decisioni. Ognuno è libero e deve sentirsi libero delle proprie azioni. Ogni forzatura diventa innaturale, e proseguire in un viaggio in cui non si crede più può essere fatale. Poi se si aggiunge la malinconia di casa, e la voglia di stare con i propri familiari, capisco perché diventi impellente ritornare nel proprio nido.

Io e Chris probabilmente andremo ad Alessandria, a vedere un po' il mare, e forse all'oasi di Al Fayum.

31-8-99 Stesso hotel, altra camera.

Il nostro viaggio ad Alessandria è stato rimandato a domani, a causa del fatto che ci siamo svegliati tardi questa mattina, e il treno che ci avrebbe portato lì sarebbe arrivato solo alle 13.30. Quindi salutato Alex, abbiamo cercato di ammazzare il tempo in questa caotica, inquinata e rumorosa città. Dopo una capatina all'Hilton, dove abbiamo chiesto di mostrarci una stanza per provare l'ebbrezza di essere al top, ci siamo incamminati verso il museo Mohamed Mamoud Kalil, attraversando il Nilo che scorre solenne, circondato dagli alti palazzi degli alberghi e uffici, che gli rubano l'incanto. Sono rimasto sorpreso dalla bellezza di alcuni quadri che non mi sarei aspettato di trovare qui, in una terra che attira lo spirito per tutte altre ragioni. C'erano capolavori di Van Gogh, Renoir, Corot, Rodin, ma soprattutto splendidi Monet. Siamo stati quasi dei privilegiati, perché credo che ben pochi turisti arrivino fin qui, distratti dalla bellezza di antichità e piramidi. Stanchi del lungo peregrinare, siamo andati alla ricerca di una piscina, trovandola in cima all'Hotel Fontana, un orrendo edificio su Midan Ramses, con tutto l'inquinamento e il caos delle migliaia di macchine che lo affollano continuamente. Inoltre la piscina era anche squallida e sporca, permettendoci di scappare senza rimpianti, rinfrancati solo da un ottimo succo di mango. Abbiamo preferito alla fine ritirarci in camera per il resto del pomeriggio a riposare un po'. La sera invece siamo andati in un ristorante molto turistico ma senza dubbio particolare, per mangiare del buon cibo tipico su dei tavoli ricavati dalle sezioni dei tronchi d'albero. Per raggiungere il locale abbiamo chiesto indicazioni ad un ragazzo che poi ha preteso di portarci nel suo negozio di profumi, sperando di farci comprare qualcosa. Certe volte la loro caparbia insistenza diventa insopportabile. Dopo cena siamo stati in un bar a fumare shisha, ma il suo sapore non era come quello della prima volta, era più pesante in gola, meno profumato.

Il mio umore è strano. Vorrei tornare a casa presto, avverto ondate di malinconia, vorrei condividere tutte queste sensazioni con le persone a me care. Eppure penso che alla fine mi mancheranno queste ore in compagnia di Chris, col quale vorrei riuscire a condividere di più i miei pensieri, più di quello che riesco a fare con il mio inglese. È un tipo simpatico, così indipendente e libero. Ha visitato la Thailandia, il Nepal, l'India ora l'Egitto, e poi Grecia, Italia, Spagna e Olanda. Mi sembra un'impresa folle, non riuscirei ad assimilare così tante culture tutte insieme. E non riuscirei neanche a stare tutto questo tempo da solo senza poter condividere le mie avventure con qualcun altro. Comunque mi affascina molto col suo pensiero american-style. È un peccato aver perso tutto questo tempo al Cairo e non aver visitato neanche un'oasi. Avrei voluto andare ad Al Fayum, ma si vede che non era destino.

1-9-99 Treno per Alessandria.

Infine il nostro viaggio di un giorno per Alessandria sta volgendo al termine. Un giorno solo ma che pare durare un'eternità. Forse per via della sveglia alle 6.30, forse per via delle incessanti ore di treno, o per la quantità di cose avvenute, questa giornata mi pare immensa. Siamo arrivati ad Alessandria alle 10.15, dopo un viaggio di due ore in compagnia di un uomo d'affari francese. Appena arrivati ci siamo incamminati verso il museo greco romano, un po' squallido e povero, soprattutto per chi viene da Roma e ha ancora impressa la magnificenza della maschera di Tutankamon. Poi, attraversando la città che si presenta come una città dell'Adriatico in versione africana, ci siamo affacciati sulla baia, sovrastata da enormi palazzi per tutta la sua lunghezza, uno spettacolo di edilizia orrendo. Abbiamo pranzato in un ristorante caro, almeno per i loro prezzi, con pollo arrosto, verdure, salsa tahine col pane, e patatine. E succo di mango naturalmente. Dopo un lauto pranzo ci infiliamo su un taxi, per scendere alla prima delle spiagge segnate sulla cartina che ci hanno detto essere bella. Appena scesi alla Stanley Beach ci abborda una coppia la cui tipa pare essere attratta in maniera incontenibile da Chris, ma la spiaggia veramente non si può vedere. È un budello chiuso da palazzi in cui galleggia una sorta di discarica orrenda. Per di più affollata come se regalassero oro. Alla svelta ci infiliamo su un altro taxi, per farci portare alla più famosa Mamoura Beach. E andando lì effettivamente vediamo scorrere dei tratti di mare veramente notevoli. Peccato che quando arriviamo alla famosa spiaggia, dopo aver pagato l'ingresso per il taxi e per la spiaggia, ci troviamo davanti solo una distesa di alghe marroni. Bello! Tutti questi chilometri per cosa? La parte pulita manco a dirlo è strapiena di egiziani, qui neanche un turista, ma la cosa peggiore, oltre al ragazzo che ci ha portato le sedie, è che queste ultime, appena seduti, si cappottano all'indietro lasciandoci a gambe all'aria. Qui le risate sono state incontenibili, anche per via degli innumerevoli chilometri fatti, solo per raccontare quest'esperienza. Ma di sicuro ne è valsa la pena. Il resto dell'ormai breve pomeriggio è passato prendendo un debole sole (finalmente!), osservando questa popolazione un po' folle. Tutte le famiglie sono sedute su queste sedie di plastica bianche, e le donne sono interamente vestite, alcune anche col velo. Anche gli uomini non sono molto più nudi, al massimo puoi vederli solo con un pantaloncino. E la cosa più assurda è che fanno tutti il bagno così… vestiti! E anche la doccia!!! Peccato non essersi goduti di più il mare, l'acqua era stupenda, calda, e il clima perfetto. Ma essere osservato da centinaia d'occhi mentre mi tuffo mi faceva sentire come un pesce fuor d'acqua, anche se ci stavo entrando! Insomma alla fine più o meno ripagati, ci siamo riavviati verso la stazione. Qui abbiamo passato dei momenti magici, fra la confusione delle strade, la simpatia della gente, e la shisha che abbiamo fumato avidamente facendoci le foto. Non dimenticherò mai l'aria e i colori della sera, le persone così aperte e gioviali, il continuo andirivieni per la strada, e questo fumo aromatico che scende nei polmoni e sale nella testa. Era così viva l'atmosfera del crepuscolo. Momenti preziosi, immagini da ricordare.

2-9-99 Aereo per Roma.

Eccomi al termine di questo fantastico viaggio nella terra che per prima ha conosciuto la civiltà. Finalmente un sogno si è concretizzato, e per quanto enormi fossero le aspettative, per nulla sono state deluse. La magia e il fascino di questa terra superano di gran lunga le idee stereotipate che nel corso del tempo ci si può fare. Sono però molto felice di tornare a casa e di lasciare il frastuono del Cairo. Ma soprattutto di iniziare a condividere questa esperienza con tutte le persone che mi aspettano a casa. Oggi è stata una giornata sul filo del rasoio. Non volevo infatti rinunciare a vedere un'ultima volta le piramidi, quindi col mio amico Chris, dopo un po' di problemi logistici, ci siamo di nuovo diretti verso il luogo più potente che abbia mai incontrato. Il sole questa volta illuminava perfettamente i tratti beffardi della sfinge. Ma anche questa volta non sono riuscito ad entrare nella piramide di Cheope, maledetto destino! Ho visitato però il museo della barca solare. Non immaginavo fosse così grande e così ben restaurata.

Poi, a malincuore ho dovuto lasciarmi tutto questo alle spalle, e gettarmi in una corsa sfrenata verso l’aeroporto. Ho recuperato i miei bagagli e cercando di non angosciarmi, mi sono trovato coinvolto in un traffico micidiale nel mezzo del Cairo. Le lancette scorrevano, e l’aeroporto non si vedeva mai, nonostante i tentativi di rassicurazione dell'autista che grazie al cielo una volta tanto parlava un buon inglese. Neanche il tempo degli ultimi acquisti, per non portarmela dietro tutto il tempo non ho neanche comprato la shisha, ma ho un sacco di tabacco alla mela per fumarla… gli scherzi del destino.

Non mi sembra proprio vero di tenere adesso dentro di me il ricordo reale di cose a lungo immaginate. Dovrò guardare bene le numerose foto, per credere di avere calpestato veramente quelle sabbie assolate. Ci metterà un bel po' tutta questa polvere a sedimentare dentro di me. Per ora è solo una nuvola confusa in cui qua e là compaiono immagini indistinte. Troppi nomi da ricordare, troppi templi e siti. Solo la metà delle cose viste basterebbero a fare di questo viaggio un ottimo viaggio. Posso dire di essere colmo, e per un lungo anno posso tenere ben salde le radici piantate nella mia splendida città. Almeno finché riusciranno a tenermi fermo.

Finalmente a casa!

Complimenti se sei riuscito a leggere fino a qui!!! Ti ringrazio del tempo che mi hai dedicato, hai avuto molta fiducia e coraggio! Spero che il tuo tempo non sia andato perduto, ma che la lettura ti sia sembrata interessante e piacevole. Grazie!